Il mese è stato caratterizzato dalla debolezza di azioni globali e obbligazioni, dal rafforzamento del dollaro su tutti i cross e, nelle materie prime, dai rialzi di oro e petrolio e debolezza di metalli industriali e prodotti agricoli.
Nei principali mercati azionari solo Giappone e Canada hanno realizzato ritorni positivi e gli indici americani hanno sovraperformato rispetto a quelli europei. Debole la Cina, e di conseguenza l’aggregato dei mercati emergenti, dopo i forti rialzi di settembre. La reportistica sul terzo trimestre sta rappresentando un quadro positivo, sia per la crescita degli utili nei diversi settori (con eccezione di quello energetico) sia perché il trend di crescita non è limitato al settore tecnologico, come nella prima parte dell’anno, ma si sta estendendo a diverse aree, supportando i fondamentali dei mercati azionari e la rotazione settoriale dalle mega capitalizzazioni del settore tecnologico al resto del mercato.
Le obbligazioni hanno risentito di un peggioramento del quadro di riferimento: dati economici positivi, in particolare negli USA, mercato del lavoro che resta forte e segnali di stabilizzazione o moderata ripresa dell’inflazione, hanno indotto una riduzione delle aspettative sull’entità del ciclo espansivo di politica monetaria appena iniziato. Allo stesso tempo le previsioni di un peggioramento del deficit americano dopo le elezioni presidenziali (taglio delle tasse ed aumento della spesa pubblica) hanno indotto un movimento al rialzo dei rendimenti nella parte medio-lunga delle curve dei rendimenti. Con il risultato di uno spostamento verso l’alto delle curve principali e perdite generalizzate per le obbligazioni su tutte le scadenze: i rendimenti stanno tornando sui livelli dell’inizio dell’estate. Significativo il movimento dei governativi americani tra metà settembre e fine ottobre: i rendimenti dei titoli biennali sono aumentati di 65 punti base, a causa del riprezzamento delle aspettative sulla politica monetaria della FED, a fronte di un aumento di 70 punti base per i rendimenti decennali, come conseguenza del rafforzamento della posizione di Trump nei sondaggi elettorali.
Lo scenario di riferimento in cui realizziamo i nostri investimenti sta cambiando: ci troviamo in un nuovo ciclo espansivo delle politiche monetarie ma è la prima volta, negli ultimi 45 anni, che il taglio dei tassi ufficiali non avviene di pari passo con una riduzione dei rendimenti obbligazionari a lungo termine. Questo significa che i costi di alcuni finanziamenti (in particolare quelli basati su parametri di riferimento a lunga scadenza, come i mutui immobiliari) potrebbero non ridursi in linea con le aspettative delle banche centrali, a discapito delle modalità (e delle aspettative) di trasmissione della politica monetaria all’economia reale.
L’esposizione azionaria è stata progressivamente ridotta (-37%) con vendite del future su MSCI World (-15%), di azioni americane (-15%), azzeramento del Giappone (-4%), apertura di una posizione corta sull’Australia (-4%) e un marginale aumento del peso dell’Europa (+2%). A livello settoriale abbiamo ridotto finanziari e real estate (-1,5% ognuno).
Nelle obbligazioni abbiamo aumentato l’esposizione ai governativi Investment Grade (+35%) aumentando la duration del portafoglio obbligazionario da 3,3 a 4 anni. Nelle materie prime abbiamo riaperto una posizione sull’uranio (+1%). Nelle divise abbiamo aumentato il peso di dollari (+31%), franchi svizzeri (+15%) ed euro (+4%) riducendo sterline (-15%) e yen (-27%).