

Il mese è stato caratterizzato da un aumento della volatilità nei mercati azionari, con performance invariata per l’MSCI World, dove gli indici europei ed emergenti, positivi, hanno sovraperformato rispetto a quelli statunitensi (+4,5% STOXX600, +2,35% MSCI EM, -0,55% S&P500). L’incertezza sulle tariffe e sull’evoluzione della crescita, i risultati aziendali per il Q4 2024, che hanno indotto ad una revisione al ribasso delle stime di crescita degli utili americani per il 2025 e la debolezza del settore tecnologico hanno determinato la prosecuzione della rotazione verso Europa, mercati emergenti e settori difensivi. In assenza di movimenti di rilievo nelle obbligazioni il dollaro si è marginalmente indebolito nei cross principali e, nelle materie prime, è proseguito il rialzo di oro (+1%) e rame (+5%): le materie prime si confermano l’asset class più performante dei primi due mesi dell’anno (+5% il Bloomberg Commodity Index, +9% l’oro, +11,5% il rame).
Nel mondo, e di conseguenza nei mercati finanziari, sta aumentando l’incertezza. Lo scenario economico e politico sta cambiando rapidamente ed in modi che lo rendono più imprevedibile. La volontà dell’amministrazione Trump di non rispettare le “regole” politiche e diplomatiche e ridisegnare le alleanze nella politica estera è stata più aggressiva di quanto molti (e indubbiamente i mercati finanziari) si aspettassero. Cresce la tensione nelle politiche commerciali: Paesi che rappresentano oltre la metà del PIL mondiale sono soggetti a minacce tariffarie da parte degli Stati Uniti. Cresce la tensione negli equilibri geopolitici e non vanno sottovalutati i progetti europei di aumentare sensibilmente la spesa per la difesa, sia per il loro obiettivo di sostituire l’”ombrello di sicurezza” che fino ad oggi era garantito dagli USA al mondo occidentale, sia per le conseguenze sui debiti governativi europei. Tutto questo impatta la nostra attività di investimento, perché un aumento dell’incertezza politica si riflette sull’attività economica, in particolare negli investimenti e nell’occupazione, se le imprese rinviano le decisioni di investimento e tagliano i costi. Ed è destinato a stimolare riallocazioni di capitali tra aree geografiche, asset class e divise.
La luna di miele di Trump con i mercati è finita: l’economia sta rallentando, l’inflazione è in aumento ancora prima che sia reale l’impatto dei dazi, e le stime di consenso sugli utili aggregati del 2025 sono in calo. Le small cap americane, teoricamente il primo “beneficiario” della nuova politica economica, a fine febbraio perdevano il 5% dalla data delle elezioni, dopo essersi apprezzate del 10% nei giorni successivi alla sua vittoria; il dollaro USA, l’espressione macroeconomica del “Trump trade” (rafforzamento dell’economia, inflazione causata dai dazi, aumento del costo del debito), continua a indebolirsi dalla data dell’insediamento del presidente; l’eccezionalismo americano, sottolineato da molti come spiegazione della continua e inarrestabile sovraperformance delle azioni americane, si è trasformata in una sottoperformance dell’S&P500 del 6,5% rispetto allo STOXX600 tra la data delle elezioni e fine febbraio (sottoperformance vicina al 9% da inizio anno), ed in una sottoperformance del 5,5% rispetto al FTSE China 50, che rappresenta le maggiori 50 società cinesi quotate ad Hong Kong (sottoperformance del 13% da inizio anno).
Il nostro portafoglio si connota per la difensività della componente azionaria di stock picking, per la ricerca di opportunità relative (Europa vs USA, Cina 50 vs MSCI Emerging Markets), la riduzione dell’esposizione al dollaro, l’aumento del peso delle materie prime e la duration del portafoglio obbligazionario inferiore a 1 anno.
Abbiamo ridotto l’esposizione alle azioni (-14.7%), con vendite in Nord America (-11,5%) ed Europa (-3,5%), aumentando il peso di consumer staples e finanziari (+4% ognuno), healthcare (+2%) e materiali (+1%) e riducendo industriali e information technology (-2,5% ognuno).
Nelle obbligazioni (+3,5%) abbiamo ridotto la componente corporate (-1,5%) ed aumentato quella governativa (+5%) aumentando la duration da 0,35 a 0,65 anni.
Abbiamo ridotto l’esposizione a dollaro USA (-39%) e franco svizzero (-9%) aumentando euro e sterline (+11% ognuna) e yen (+5,5%).