

Il mese è stato positivo per le azioni, con gli indici globali in rialzo del 6% e la sovraperformance di Germania, Spagna e USA (l’S&P500 ha realizzato il miglior mese di maggio degli ultimi 35 anni) e negativo per le obbligazioni, che in diversi Paesi hanno visto un aumento generalizzato dei rendimenti soprattutto nella parte lunga delle curve.
I mercati finanziari continuano ad essere guidati, più che da fattori macro e microeconomici, prevalentemente dal dibattito e dal flusso di notizie sui dazi e da quelli sul debito governativo.
Gli indici azionari sono in rialzo da metà aprile, grazie al repentino cambio di atteggiamento di Trump sui dazi, ai risultati aziendali positivi, alla tenuta degli indicatori economici, al miglioramento del sentiment degli investitori ed alla fine dei flussi in uscita dalle azioni.
La reportistica sugli utili aziendali del primo trimestre è stata migliore delle attese, soprattutto nel comparto tecnologico e nel gruppo delle Magnifiche 7, che, in rialzo del 13,8% a maggio e del 26% dai minimi di aprile, ha registrato il miglior mese della sua (breve) storia. Le Magnifiche 7 rappresentano il 25% degli utili attesi per il 2025 del mercato americano e determinano il 50% della crescita degli utili aggregati. È interessante che le statistiche sul posizionamento degli investitori evidenzino un continuo deflusso di capitali dal settore tecnologico americano, anche in maggio, e che il sottopeso degli investitori istituzionali in questo settore sia vicino ai massimi storici. In pratica il rialzo dei titoli tecnologici, delle Magnifiche 7, e, in generale, quello dei mercati azionari si caratterizza per una partecipazione particolarmente bassa di tutte le categorie di investitori, sia istituzionali (discrezionali e sistematici) sia retail. Paradossalmente la bassa partecipazione, ed il suo progressivo aumento, continua, e potrebbe continuare, a supportare questo rialzo, pur in presenza di un peggioramento dei fondamentali dell’economia e dei mercati azionari.
Le parti lunghe delle curve sono sotto pressione. I rendimenti trentennali americani sono passati dal 4,40% di inizio aprile al 4,95% di fine maggio. Le cause sono diverse: dal peggioramento delle prospettive del debito USA, soprattutto se fosse approvato definitivamente il “Big beautiful Bill” proposto da Trump, al taglio del credit rating degli Stati Uniti da parte di Moody’s, che per quanto abbia irritato la Casa Bianca ha semplicemente detto agli investitori quello che già sapevano (ovvero che gli USA non meritano una tripla A ed il loro debito non è privo di rischio), all’aumento di diversificazione dei portafogli internazionali, dove si sta riducendo il peso delle obbligazioni USA che risentono dell’aumento di incertezza, su tutti i fronti, causato dal presidente. Particolarmente debole anche la parte lunga della curva giapponese, con il rendimento del trentennale che ha superato il livello record del 3% (era 1% nel 2022) e di quella inglese, con il trentennale che, superando il 5%, ha raggiunto livelli mai toccati in questo secolo.
L’aumento dei rendimenti obbligazionari non ha generato un rafforzamento del dollaro, contrariamente a quanto avveniva in passato. Anzi, il dollaro ha continuato a indebolirsi su tutti i cross. Come abbiamo già notato nei mesi scorsi, il combinato di dollaro e Treasury “sotto pressione” potrebbe essere l’evidenza di una crescente propensione alla vendita di asset americani che potrebbe implicare significative revisioni di asset allocation nei portafogli internazionali nei mesi a venire.
In questo scenario il nostro portafoglio continua a connotarsi per la difensività della componente azionaria di stock picking, per la ricerca di opportunità relative (in particolare Europa vs USA), la bassa esposizione al dollaro, la diversificazione nelle materie prime e la bassa duration del portafoglio obbligazionario.
Abbiamo progressivamente ridotto l’esposizione alle azioni (-8%) riducendo il peso di Nord America, Europa e Giappone, senza modificare l’allocazione settoriale del portafoglio di stock picking.
Abbiamo aumentato l’esposizione alle obbligazioni (+40%) con acquisto di titoli governativi, in particolare nella parte media della curva, che ha aumentato la duration da -0,6 a 0,9 anni.
Nelle divise abbiamo ridotto il peso di yen (-14%) e franchi svizzeri (-9,5%) incrementando l’esposizione alle sterline (+39,5%).