

Si è chiuso un trimestre positivo per le asset class in cui investiamo. I “dazi Usa”, che quest’anno hanno rappresentato uno dei principali argomenti di discussione a livello di politica internazionale e di mercati finanziari, sono entrati in vigore con una serie di accordi commerciali stipulati tra gli Stati Uniti e le maggiori economie mondiali e, nonostante siano destinati ad impattare significativamente sulle dinamiche commerciali internazionali e sull’inflazione, per il momento non generano gli effetti che avevamo ipotizzato nei giorni successivi al “Liberation day”. Ma continuiamo a ritenere che le loro conseguenze saranno visibili nei mesi a venire. La FED ha assunto un atteggiamento progressivamente meno restrittivo, probabilmente non per le pressioni provenienti dalla Casa Bianca ma per il peggioramento del mercato del lavoro, con i report pubblicati ad inizio agosto ed inizio settembre ben al disotto delle attese. Le azioni hanno continuato ad apprezzarsi, grazie alla revisione al rialzo delle stime sugli utili ma soprattutto a quella parte del mercato legata all’Intelligenza Artificiale, agli investimenti necessari per il suo sviluppo, ed alle attese per gli aumenti di produttività che ne deriveranno. Le obbligazioni hanno continuato a risentire delle tensioni sulla parte lunga delle curve, penalizzata dalle attese per un aumento dello stock di debito in un contesto di inflazione crescente e politiche monetarie tendenzialmente espansive. Le materie prime, in particolare i metalli industriali e quelli preziosi, hanno continuato ad apprezzarsi sia per il loro valore “ciclico” sia per quello di “bene rifugio”. Il dollaro USA si è stabilizzato nei cross principali, dopo aver realizzato, nel primo semestre, la peggiore performance dal 1973.
Il quadro economico globale è positivo, grazie all’impatto macroeconomico dell’Intelligenza Artificiale (investimenti attuali per l’infrastruttura e impatti futuri sulla produttività) e a previsioni di politiche monetarie espansive. Ma il rischio di un peggioramento del mercato del lavoro (non vanno sottovalutate le conseguenze sociali di una diminuzione strutturale dell’occupazione) e di un aumento dei prezzi indotto dall’entrata a pieno regime dei “dazi USA” induce a non escludere un aumento dell’incertezza economica nei mesi a venire, con aumento della dicotomia tra le parti del mondo e dell’economia più legate all’intelligenza artificiale e quelle che non lo sono.
In questa fase nella nostra asset allocation preferiamo le azioni, in particolare quelle americane ed emergenti, e le materie prime, in particolare i metalli preziosi e quelli industriali. Le obbligazioni sono l’asset class a cui guardiamo con minore interesse.
I mercati emergenti beneficiano di una maggiore diversificazione geografica e settoriale rispetto a quelli sviluppati e di uno sconto valutativo tra i più elevati degli ultimi 10 anni. I principali mercati dell’indice MSCI EM (Cina, Taiwan, India, Corea del Sud, Hong Kong e Brasile) sono sostenuti da dinamiche diverse ma riconducibili essenzialmente agli investimenti mondiali in tecnologia e materie prime, stanno registrando significativi rialzi che si traducono in un recupero di forza relativa del MSCI EM rispetto all’MSCI World, dopo un decennio di significativa sottoperformance. E anche in questa fase, come avvenuto in passato, i mercati emergenti stanno beneficiando della debolezza del dollaro e dell’inizio di una nuova fase monetaria espansiva.
I metalli preziosi, oltre ad aiutare la riduzione della correlazione nel portafoglio, beneficiano di crescenti flussi in acquisto da parte di banche centrali, investitori istituzionali e privati, fondamentalmente riconducibili ad esigenze di diversificazione e ad una fiducia sempre minore nelle divise tradizionali e nelle obbligazioni governative.
Nel mese abbiamo ridotto l’esposizione alle azioni (-22%) con vendite nelle azioni globali (-40%) ed europee (-28%) ed acquisti in USA e mercati emergenti (+24% ognuno). A livello settoriale abbiamo aumentato l’esposizione a communication services (+6,3%), finanziari e industriali (2% ognuno) riducendo health care (-2%), consumer discretionary (-4%), consumer staples e utilities (-5% ognuno) e materiali (-7%). Abbiamo ridotto l’esposizione alle obbligazioni (-21%) con vendite nei titoli governativi (-13%) ed in quelli corporate, che sono stati azzerati (-8%). Abbiamo aumentato del 13% l’esposizione alle materie prime, in particolare con acquisti di oro (+4%) ed argento (+8%).
Nelle divise avviamo aumentato il peso del dollaro sui principali cross (+55%).