

Il mese è stato caratterizzato dall’inversione delle dinamiche viste in luglio: indici azionari globali marginalmente positivi in dollari ma sostanzialmente invariati in euro, performance positive per i mercati asiatici ed azioni statunitensi che hanno sottoperformato il resto del mondo, con l’S&P500 che ha sovraperformato le Hyper-6 (nuovo acronimo per definire Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia e Tesla) e con il Russel 2000 che ha ampiamente sovraperformato l’S&P500. Le curve dei rendimenti continuano a rappresentare aspettative di tagli dei tassi (cali dei rendimenti nella parte breve) e aumento delle aspettative di inflazione e dello stock di debito governativo nel lungo periodo (aumento dei rendimenti nella parte lunga). Nelle materie prime è ripreso il rialzo dell’oro ed il dollaro ha ripreso a indebolirsi sui principali cross
Il report mensile sul mercato del lavoro statunitense, pubblicato all’inizio del mese, ha evidenziato un’importante revisione al ribasso dei dati sulla creazione di posti di lavoro nei mesi precedenti, la peggiore degli ultimi 5 anni. Considerando che stabilità del mercato del lavoro e stabilità dei prezzi sono i due mandati della FED è comprensibile l’aumento delle aspettative per un taglio dei tassi americani nella riunione di settembre, ulteriormente supportate dall’intervento di Powell al simposio dei banchieri centrali il 22 agosto. Qualche commentatore sostiene che il governatore della FED stia iniziando a cedere alle crescenti pressioni di Trump. Altri enfatizzano la sua coerenza rispetto all’approccio seguito fino ad ora, con un atteggiamento progressivamente più espansivo sulla base dei dati economici. Il dato di fatto è che le dinamiche “Trump – Fed” sono state un tema ricorrente degli ultimi mesi e si inseriscono in un contesto in cui le banche centrali hanno terminato le politiche monetarie ultra espansive che hanno fatto seguito alla crisi finanziaria del 2009 ed al Covid e stanno smontando i portafogli di obbligazioni acquistate negli ultimi 15 anni con il “quantitative easing”, con impatto significativo sui mercati obbligazionari in una fase in cui il debito aumenta con costi crescenti per i governi. Le pressioni di Trump sulla Fed (e quelle che potrebbero arrivare su altre banche centrali dai loro governi), sono ispirate dall’andamento dell’economia ma soprattutto dalle dinamiche del debito pubblico, in termini di stock e di costo. È probabile che il presidente riesca nell’intento di fare scendere i tassi a breve termine, ma non sottovalutiamo gli effetti di lungo periodo della perdita di credibilità di una FED che non è più indipendente dalla politica: i tassi a lungo termine sono destinati a scontare aspettative di inflazione più elevate e difficoltà di rifinanziamento del debito, le banche centrali potrebbero essere “chiamate” ad acquistare titoli di stato stampando una moneta il cui valore è destinato a scendere, con la conclusione che le divise utilizzate come “riserva” rischiano di continuare a perdere valore nei confronti dell’oro e degli altri asset dotati di valore intrinseco.
In questo scenario il ruolo degli asset americani come “bene rifugio” nelle asset allocation è sempre più messo in discussione, con l’eccezione per il gruppo di titoli azionari che rappresenta l’investimento nell’intelligenza artificiale e nella sua infrastruttura. Sta emergendo uno scenario in cui rallentamento della crescita, margini aziendali in calo ed inflazione in potenziale rialzo a causa dei dazi, aumento dello stock di debito e del suo costo sono destinati a favorire gli asset reali: protezione contro l’inflazione, diversificazione, decorrelazione rispetto ad azioni e obbligazioni, oltre a opportunità di crescita guidate dalle crescenti necessità di investimento nei campi dell’energia, della difesa e dell’intelligenza artificiale.
Il portafoglio ha progressivamente incrementato l’esposizione netta alle azioni (+11%) con acquisti nei mercati emergenti (+19,5%), in Europa (+13%) e Canada (+5,75%) e vendite in USA (-21,5%), Australia (-3.5%) e Giappone (-2,5%). Abbiamo ridotto l’esposizione al settore finanziario (-14,9%), alla tecnologia (-10,5%) e agli industriali (-2%) incrementando consumi discrezionali (+2%), health care (+3,5%) e consumer staples (+18,5%). Nelle obbligazioni abbiamo aumentato l’esposizione al debito governativo Investment Grade (+60%) aumentando la duration da 0,3 a 4 anni. Nelle divise abbiamo ridotto l’esposizione a dollaro usa (-56%) e yen (-21%) incrementando sterline (+22%) e franchi svizzeri (+13%).